La Città di
Castrogiovanni, oggi Enna, si rivoltò nel 1627 contro il Vescovo di Catania
Innocenzo Massimo e fu scomunicata[1].
La storia di tale
avvenimento e di tutte le vicissitudini successive ha avuto, nei secoli, la
sorte particolare di essere stata ignorata o, quantomeno, trascurata dai più
sino a qualche anno addietro.
Leggendo l'opera di
Paolo Vetri "Castrogiovanni dagli Svevi all'ultimo dei Borboni" venni
a conoscenza di questo episodio storico e così appresi che, in proposito,
esisteva un poemetto manoscritto in ottava rima siciliana di tale Fra Gieronimo
Pane e Vino. Questo documento era custodito presso la Biblioteca Comunale di
Enna. Ne ottenni copia e cercai di interpretarlo.
Poi, per anni, mi
occupai "sine cura" e saltuariamente dell'argomento.
In occasione di un mio
viaggio a Roma riuscii ad essere ammesso nell'Archivio Segreto del Vaticano e
lì trovai, con grande emozione, alcuni interessanti riscontri sul Vescovo
Innocenzo Massimo, ma nulla sulla rivolta di Enna.
A Palermo, all'Archivio
di Stato, mi fu comunicato che il fondo relativo alla Gran Corte, dove
potrebbero essere stati conservati gli atti del processo penale conseguente
alla rivolta, era stato notevolmente danneggiato dagli eventi bellici del 1943
e non era stato più riordinato.
Presso l'Archivio
dell'Arcivescovado di Catania rinvenni negli “Atti dei Vescovi” soltanto
l'originale della scomunica.
Poi ebbi a visitare la
Cattedrale di Catania e nell’abside lessi …. INNOCENTIUS MAXIMUS EPISCOPUS FECIT …scritto
a lettere cubitali e, nel transetto di
destra, accanto all’altare della Madonna, trovai la tomba dello stesso Vescovo.
Il notevole rilievo della scritta di cui sopra, del monumento funebre e della
lapide elogiativa, stimolò ulteriormente la mia curiosità.
Continuate quindi le
ricerche, rinvenni parecchie fonti sull'argomento, le misi in ordine, le
trascrissi e le tradussi. Contemporaneamente cominciai a scrivere una
esposizione sintetica dei fatti, con alcune note per inquadrare il periodo
storico e qualche commento tratto sia dalle fonti sia da alcuni approfondimenti
relativi al Seicento, con qualche riferimento anche agli effetti del Concilio
di Trento sugli usi e costumi delle nostre popolazioni.
Nel 2006 pubblicai la
prima edizione del mio lavoro intitolandola “La Ribellione di Castrogiovanni
contro il Vescovo di Catania – Un episodio di storia siciliana del 1627”,
magnificamente illustrata dal maestro Bruno Caruso e con i tipi dell’Ed.
Lussografica di Caltanissetta.
In particolare curai il
poemetto di Fra Gieronimo che, purtroppo, non pubblicai per intero per motivi
editoriali dato che il volume, illustrato dal Caruso, fu realizzato come libro
d’arte, cui mal si adattava l’integrale trascrizione dei versi del poemetto.
Assunsi però con me
stesso l’obbligazione di pubblicare per intero il poemetto trascritto, tradotto
ed annotato. Adempiendo ora a questo impegno, dò alle stampe una seconda
edizione del mio lavoro, in veste economica, sperando di favorirne la
diffusione e di sollecitare gli studi in proposito.
Nella prima parte di
questa nuova edizione ripropongo, aggiornandola, l’esposizione sintetica dei
fatti, con alcune note per inquadrare il periodo storico e qualche ridotto
commento.
Nella seconda parte ed
in appendice, pubblico oggi la trascrizione fedele del poemetto manoscritto di
Fra Gieronimo, prima interpretato e trascritto e poi annotato.
Purtroppo non ho potuto
raggiungere lo scopo desiderato di tradurre il testo dal siciliano all’italiano,
come mi ero prefisso, dato che i risultati ottenuti non sono stati
soddisfacenti.
Nel complesso però il
poemetto è leggibile e spero che la sua lettura possa dare ad altri il
godimento che ha dato a me.
L’autore
[1] Parecchie fonti
parlano di “scomunica” e non di “interdetto”, come più correttamente avrebbero
dovuto. Infatti interdetto, nel diritto canonico. è la pena consistente
nell’esclusione di una persona, di una chiesa o di un territorio dai benifici
spirituali, senza tuttavia sciogliere chi ne è colpito dalla comunione con la
Chiesa, come in effetti avvenne nel caso che ci occupa. La scomunica, che è il
termine più comunemente usato e quindi di più facile comprensione, è invece
pena diversa e più grave che consiste nell’esclusione dei fedeli oltre che dai
sacramenti anche dai loro diritti. (v. Aldo Gabrielli, Il Grande Italiano
2008).
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