mercoledì 22 febbraio 2012

PREFAZIONE

La Città di Castrogiovanni, oggi Enna, si rivoltò nel 1627 contro il Vescovo di Catania Innocenzo Massimo e fu scomunicata[1].
La storia di tale avvenimento e di tutte le vicissitudini successive ha avuto, nei secoli, la sorte particolare di essere stata ignorata o, quantomeno, trascurata dai più sino a qualche anno addietro.
Leggendo l'opera di Paolo Vetri "Castrogiovanni dagli Svevi all'ultimo dei Borboni" venni a conoscenza di questo episodio storico e così appresi che, in proposito, esisteva un poemetto manoscritto in ottava rima siciliana di tale Fra Gieronimo Pane e Vino. Questo documento era custodito presso la Biblioteca Comunale di Enna. Ne ottenni copia e cercai di interpretarlo.
Poi, per anni, mi occupai "sine cura" e saltuariamente dell'argomento.
In occasione di un mio viaggio a Roma riuscii ad essere ammesso nell'Archivio Segreto del Vaticano e lì trovai, con grande emozione, alcuni interessanti riscontri sul Vescovo Innocenzo Massimo, ma nulla sulla rivolta di Enna.
A Palermo, all'Archivio di Stato, mi fu comunicato che il fondo relativo alla Gran Corte, dove potrebbero essere stati conservati gli atti del processo penale conseguente alla rivolta, era stato notevolmente danneggiato dagli eventi bellici del 1943 e non era stato più riordinato.
Presso l'Archivio dell'Arcivescovado di Catania rinvenni negli “Atti dei Vescovi” soltanto l'originale della scomunica.
Poi ebbi a visitare la Cattedrale di Catania e nell’abside lessi  …. INNOCENTIUS MAXIMUS EPISCOPUS FECIT …scritto a lettere cubitali  e, nel transetto di destra, accanto all’altare della Madonna, trovai la tomba dello stesso Vescovo. Il notevole rilievo della scritta di cui sopra, del monumento funebre e della lapide elogiativa, stimolò ulteriormente la mia curiosità.
Continuate quindi le ricerche, rinvenni parecchie fonti sull'argomento, le misi in ordine, le trascrissi e le tradussi. Contemporaneamente cominciai a scrivere una esposizione sintetica dei fatti, con alcune note per inquadrare il periodo storico e qualche commento tratto sia dalle fonti sia da alcuni approfondimenti relativi al Seicento, con qualche riferimento anche agli effetti del Concilio di Trento sugli usi e costumi delle nostre popolazioni.
Nel 2006 pubblicai la prima edizione del mio lavoro intitolandola “La Ribellione di Castrogiovanni contro il Vescovo di Catania – Un episodio di storia siciliana del 1627”, magnificamente illustrata dal maestro Bruno Caruso e con i tipi dell’Ed. Lussografica di Caltanissetta.
In particolare curai il poemetto di Fra Gieronimo che, purtroppo, non pubblicai per intero per motivi editoriali dato che il volume, illustrato dal Caruso, fu realizzato come libro d’arte, cui mal si adattava l’integrale trascrizione dei versi del poemetto.
Assunsi però con me stesso l’obbligazione di pubblicare per intero il poemetto trascritto, tradotto ed annotato. Adempiendo ora a questo impegno, dò alle stampe una seconda edizione del mio lavoro, in veste economica, sperando di favorirne la diffusione e di sollecitare gli studi in proposito.
Nella prima parte di questa nuova edizione ripropongo, aggiornandola, l’esposizione sintetica dei fatti, con alcune note per inquadrare il periodo storico e qualche ridotto commento.
Nella seconda parte ed in appendice, pubblico oggi la trascrizione fedele del poemetto manoscritto di Fra Gieronimo, prima interpretato e trascritto e poi annotato.
Purtroppo non ho potuto raggiungere lo scopo desiderato di tradurre il testo dal siciliano all’italiano, come mi ero prefisso, dato che i risultati ottenuti non sono stati soddisfacenti.
Nel complesso però il poemetto è leggibile e spero che la sua lettura possa dare ad altri il godimento che ha dato a me.
                                                                                                                                                               L’autore


[1] Parecchie fonti parlano di “scomunica” e non di “interdetto”, come più correttamente avrebbero dovuto. Infatti interdetto, nel diritto canonico. è la pena consistente nell’esclusione di una persona, di una chiesa o di un territorio dai benifici spirituali, senza tuttavia sciogliere chi ne è colpito dalla comunione con la Chiesa, come in effetti avvenne nel caso che ci occupa. La scomunica, che è il termine più comunemente usato e quindi di più facile comprensione, è invece pena diversa e più grave che consiste nell’esclusione dei fedeli oltre che dai sacramenti anche dai loro diritti. (v. Aldo Gabrielli, Il Grande Italiano 2008).

Nessun commento:

Posta un commento